Diciamo la verità, non invidiamo l’esposizione mediatica di Carlo Tavecchio, presidente della Federcalcio. Da quando la gaffe estiva con accuse razziste ha messo a rischio la sua elezione (e l’Uefa ha aperto un procedimento su di lui), persino l’abbigliamento del numero uno del calcio italiano è spesso soggetto a “revisione” da parte dei media italiani. Eppure la scorsa settimana, in Consiglio Federale, un primo passo verso la riforma del calcio è stata fatta. Tavecchio, infatti, ha ufficialmente proposto che dalla stagione 2017-2018 la Serie A torni a 18 squadre e la Serie B a 20. Come si vede, non proprio una procedura d’urgenza, ma d’altronde il potere di veto dei club e delle tv è troppo grande per pensare ad un calcio con passo da centometrista.
Non basta. Nella stessa sede è stata avanzata anche un’altra proposta, quella di ridurre le rose a 25 giocatori, 8 dei quali – indipendentemente dalla loro nazionalità – cresciuti nei settori giovanili dei club. Tutto questo per provare ad arginare l’invasione di atleti stranieri e valorizzare così il prodotto italiano. In effetti ce n’è davvero bisogno, se si pensa che nella prima giornata di campionato, su 278 calciatori, gli stranieri utilizzati sono stati 157, ovvero il 54,3%, con la Fiorentina che ne ha addirittura utilizzati 13, di cui 11 titolari. Certo, la Premier League ci supera con i suoi 71,4% di stranieri in campo, ma i risultati internazionali raggiunti dalla Nazionale inglese sono sotto gli occhi di tutti: un fallimento dietro l’altro. E non sarà un caso, perciò, se gli atleti “eleggibili” per il commissario tecnico Hodgson siano sempre meno e di minore qualità.
In Federcalcio, comunque, il materiale su cui lavorare non è poco, visto che si sta pensando d’inserire norme che si ispirino al “financial fair play” voluto dalla Uefa di Michel Platini, cominciando per prima cosa ad introdurre una regola che, per iscriversi i campionati, i club debbano aver saldato i debiti col mercato estero, cosa che non sempre avviene. Se a questo si aggiunge il via libera alle multiproprietà – un soggetto potrà avere il controllo di due società in campionati diversi – e la nomina di Michele Uva (ex del Coni, oltre che di Parma e Lazio) nuovo direttore generale della Figc, si vede che nel logorato sistema del calcio italiano qualcosa si sta pur muovendo.
Attenzione però a quello che si nasconde dietro proposte e tempistica. Tavecchio nelle prossime settimane avrà il non facile compito di mediare tra visioni del calcio italiano non sempre simili portate avanti da due elementi di spicco della Serie A: Claudio Lotito – presidente della Lazio e consigliere federale con delega, appunto, alle riforme – e Andrea Agnelli, presidente della Juventus, ovvero il club più vincente e seguito del panorama italiano. Già sabato scorso non sono mancate frizioni tra il direttore generale bianconero Marotta e lo stesso Lotito sul tema delle multiproprietà, ma l’impressione è che lo scontro sia solo all’inizio. Una cosa è certa: il calcio italiano ha bisogno di cambiare pelle ed i tempi per farlo non possono essere troppo lunghi. Altrimenti, a livello di club, il momento del sorpasso di Portogallo e Francia si avvicinerà inesorabilmente.
Massimo Cecchini is a football writer for La Gazzetta dello Sport
Massimo Cecchini: Reforms, a plan for the future
Let’s face it, one does not envy the media exposure of Carlo Tavecchio, president of the Football Association. Since his summer gaffe and with accusations of racism having endangered his election to the Italian federation presidency (UEFA have opened an investigation), even the clothing of the leader of Italian football is often subject to “review” by the italian media. Yet last week, in the Federal Council, a first step towards the reform of Italian football was made.
Tavecchio has officially proposed that the 2017-18 Serie A season be expanded from 18 teams to 20. As you can see, it’s not an emergency procedure being rushed into place, but then the veto power of the clubs and the TV interests and contracts make it too big to turn this reform into a sprint race.
At the same time another proposal was made to reduce club rosters to 25 players, 8 of them – regardless of their nationality – coming from the club’s youth system. All this to try to stem the invasion of foreign athletes and enhance the Italian national product. There is a real need for the legislation, if you think that on the first day of the season, of about 278 players, 157 were foreigners, or 54.3%, with Fiorentina using 13 foreign players on opening day. Of course, the English Premier League is beyond us with its 71.4% of foreigners on the field, but the results achieved by the English national team are, by everyone’s estimation, just one failure after another. It is no surprise, therefore, that the athletes ‘eligible’ for coach Hodgson are becoming of less and less quality.
In the Italian Football Association, however, the material on which to work is not just the players. The association is thinking of including rules that are inspired by the “financial fair play” wanted by UEFA’s Michel Platini, beginning first with a rule that, to register for the championships, the club must have settled its debts with the foreign market – something which does not always happen and which could be a problem for some clubs. If you add to this the greenlight to timeshare – a person can be in control of two companies in different leagues – and the appointment of Michele Uva (ex Coni, as well as Parma and Lazio) as new general manager of the FIGC, you see that in the system of Italian football management and governance something is moving.
But what is hidden behind the proposals and their timing? Tavecchio in the coming weeks will have the unenviable task of mediating between two visions of Italian football that have not always been in agreement in Serie A: Claudio Lotito – Lazio President and Federal Councillor with responsibility, in fact, for the reforms – and Andrea Agnelli, chairman of Juventus, the most successful Italian club.
Already last Saturday there was friction between Juventus general manager Marotta and Lotito on the topic of timeshare, but the feeling is that the battle is just beginning. One thing is certain: Italian football needs to change its persona and the time to do so cannot be made to wait. Otherwise, at club level, the moment of overtaking by Portugal and France will approach fast.
Massimo Cecchini is a football writer for La Gazzetta dello Sport