Simply writing that Antonio Conte, coach of Italian national team, risks a process, it could have a wrong meaning. It would be easy to blame this on a wrong formation, or a federation not happy with the results, or public opinion not satisfied with the way the team is playing its football. However, it is none of these. We are talking about a real legal process, as the coach of Italy in early July was indicted by prosecutors in Cremona, along with hundreds of others.
The prosecution charge, of course, is that of sports fraud in the match between AlbinoLeffe and Siena in May 2001 which was at the centre of a storm of illegal football betting. Conte sat on the bench of the Tuscan team, which won promotion from Serie B to Serie A.
Already the sporting justice system has sentenced Conte to a four-month ban (the first judgment was for ten months), but it is clear that the ordinary (public) justice system is a very more serious proposition, although the prosecutor from Cremona has dropped charges of “criminal conspiracy” leaving only the sporting fraud. The indictment states that in the agreements signed between coaches and the Football Association it is expected that coaches will “safeguard the moral conduct of the players” to “maintain conduct in keeping with the principles of loyalty and integrity”. If this agreement had been followed, the result would not have occurred.
All this is likely to become a problem for the national team. While the Federation has always remained close to Conte because, rightly, the principle of innocent until proven guilty must also apply to the privileged world of football, the problem is that the legal process will begin in mid-February and therefore, given the time it takes to work through the Italian justice system, the coach – who has always proclaimed his innocence – will have to play the final round of the European qualifiers having to deal with the burden of the criminal trial at the same time. Needless to say that Italy faces considerable risks in terms of image if the results are negative.
C.T. would have liked a faster judgment, but the slowness of the process is a worm in our judicial system. One thing seems certain: because of the role of scapegoat that every coach of the national team plays – that is, without the media shield that only a powerful club possibly can give – it is increasingly likely that Conte at the end of the Europeans will not renew his contract with the FIGC and will choose to return to coaching a club team. Moreover, a manager of its value, will not have trouble finding an important bench to sit on. And at that point the due process of Cremona, perhaps, will be more easily metabolized by all.
Massimo Cecchini is a senior football writer for La Gazzetta dello Sport
di Massimo Cecchini: Antonio Conte – un Europeao a rischio processo
Scrivere semplicemente che Antonio Conte, commissario tecnico della Nazionale italiana, rischia un processo, potrebbe mandare fuori strada. Facile pensare a qualche formazione sbagliata, a una federazione non contenta dei risultati, a un’opinione pubblica non soddisfatta del gioco espresso. Invece, niente di tutto questo. Parliamo di un processo e proprio, visto che l’allenatore dell’Italia ai primi di luglio è stato rinviato a giudizio dalla Procura di Cremona, insieme ad un centinaio di tesserati.
L’accusa, com’è noto, è quella di frode sportiva relativa alla partita di calcio AlbinoLeffe-Siena del maggio 2001 – partita entrata nella bufera del calcio scommesse illegale – quando l’attuale c.t. sedeva sulla panchina della squadra toscana, promossa Serie B dalla Serie B alla Serie A. Già la giustizia sportiva aveva condannato Conte a quattro mesi di squalifica (la prima sentenza era di dieci mesi), ma è ovvio che la giustizia ordinaria sia una questione molto più seria, anche se c’è da registrare come la Procura di Cremona abbia fatto cadere l’accusa di “associazione a delinquere” lasciando solo la frode sportiva. Nella richiesta di rinvio a giudizio si legge infatti come tra degli accordi sottoscritti tra allenatori e Federcalcio si prevede anche che debba “salvaguardare la condotta morale dei calciatori” affinché “mantengano “una condotta consona ai principi di lealtà e probità”. Cosa che, se fosse provato l’accordo per addomesticare il risultato, non si sarebbe verificata.
Tutto questo, però, rischia di diventare un problema anche per la Nazionale. Se è vero che la Federazione è sempre rimasta vicina a Conte perché, giustamente, il principio di innocenza fino a eventuale condanna deve valere anche per i privilegiati del calcio, il problema è che il processo comincerà a metà febbraio e perciò, visti i tempi della giustizia italiana, il commissario tecnico – che i è sempre proclamato innocente pur avendo patteggiato la pena sportiva – si troverà a dover giocare la fase finale dell’Europeo (la qualificazione è ormai ad un passo) avendo addosso il peso di un processo penale con cui dovere fare i conti. Inutile dire poi come a livello d’immagine anche la stessa Italia, in casi di risultati negativi, correrebbe rischi non indifferenti.
Il c.t. avrebbe voluto un giudizio più rapido, ma la lentezza dei processi è un tarlo del nostro sistema giudiziario. Una cosa però sembra certa: proprio per il ruolo di capro espiatorio che ogni commissario tecnico della Nazionale svolge – cioè senza avere lo scudo mediatico che solo un club possibilmente potente può dare – è sempre più probabile che Conte al termine dell’Europeo non rinnovi il contratto con la Figc e scelga di tornare ad allenare una squadra di club. D’altronde, un tecnico del suo valore, non avrà problemi a trovare una panchina importante. E a quell punto ilprocesso di Cremona, forse, sarà metabolizzato più facilmente da tutti.